lunedì, giugno 12, 2006

UNA GIORNATA PARTICOLARE...

Prologo
pomeriggio di Sabato 10 giugno, orario imprecisato.

Tump, tump... paff.
Fuori.
C'è un muro, nel cortile di casa mia. Un muro e una targhetta in metallo.
Sulla targhetta c'è scritto "E' severamente vietato giocare a pallone".
Quando ero gagno e a pallone ci giocavo, me ne infischiavo bellamente e, sfruttando certi ostacoli, giocavo a "fare come Leo" tirando lorde ad effetto verso quel muro.
Ora vi ci tiro una palla da tennis, quella preferita del mio cane, che prima di poter correre a prenderla (e riportarla) è costretto ad aspettare i miei comodi. In questo caso un mio Rito.
Quando il gioco si fa duro, e il mio Toro ha degli incontri difficili in programma, ho un "rito" tutto mio per mezzo del quale mi piace immaginare di riuscire a controllare il Destino: se nel limite dei tre tiri dalla solita posizione pesco la targhetta, è sicuro che sia fatta, altrimenti occorre una corposa dose di scongiuri in aramaico. E chi lo parla più l'aramaico, oggi?
Tump, tump... paff.
Fuori ancora una volta: così non va. Ancora un tiro, e sento su di me la responsabilità di dirigere il vettore dello spazio-tempo verso un Universo, uno degli infiniti universi paralleli nel quale la pallina tocca la targhetta e dove il Toro vince, e torna in Serie A.
Tutto dipende da quest'ultimo tiro, ora o mai più: Dentro o fuori.
Tump, tump... sdeng!
Centro. "E' fatta, ora So." mi sono detto.

E' con questa consapevolezza che ho affrontato la notte prima dell'Esame, quella che precedeva la partita più importante della stagione, quella del "dentro o fuori". Proprio come la pallina.

Sull'Orizzonte Degli degli Eventi

Domenica, ore 12.

Noi tifosi del Toro, forse i più scaramantici del mondo, abbiamo altri Riti che vanno celebrati nei momenti più importanti.
Il Rito più importante e più gettonato dal popolo granata è stato il lento pellegrinaggio a Superga. Ci si racomandava ai Caduti, come a chiedere loro per l'ennesima volta: "Ragazzi, da lassù non dimenticatevi di noi quaggiù, c'è ancora bisogno della vostra Forza."
A Superga noi Tori Seduti eravamo in formazione quasi completa: con me anche Marino, Simone, Mario e Massimo.
Erano in tanti, lassù: compreso un cowboy in aria da Brokeback Mountains, che - gobbo dinnanzi al Mito - intervistava un giovane granata chiamando la Lapide "cippo".
Attorno stanno numerose sciarpe granata, provenienti da Toro Club di tutta Italia, e da Firenze, una della Viola.
Le voci li' intorno sono tutte meste, sottovoce: in nessuna altra parte se non in un Luogo di Culto c'è un rispetto così.

Torino, ore 15

Di nuovo a casa, si pranza. Poca roba, giusto un piatto di spaghi, l'ansia per l'attesa sale. Il pomeriggio solitamente lento della domenica scorre ancora più lento del solito, ma personalmente lo impiego a fare da centralinista dopo aver scoperto di dover ritrovare di corsa un accompagnatore, in quanto quello che avevo "accreditato" ha avuto un disguido imprevisto: trovo per fortuna mio cugino Alessandro, granatissimo tifoso, che passa a prendermi all'ora di una "merenda sinoira" atipica in quanto chi è che ha voglia di mangiare? Alle 19 passa a prendermi e ci si fionda allo stadio.

Stadio Delle Alpi, ore 19.30
Mi aspettavo di trovare traffico lungo la strada: invece trovo ben poche persone. Il perché lo scopro allo Stadio, osservando i parcheggi (esauriti) ed entrando poi nel catino: praticamente lo Stadio è già pieno, ci sono dei vuoti giusto in Tribuna che saranno poi riempiti con la consueta nobile calma della borghesia sabauda, o da chi - ritardatario a rispondere al Richiamo - è riuscito a farsi spennare dai bagarini. Problemi anche per qualche tifoso seduto ritardatario, ma magari ne parleremo in un altro articolo.

Sul terreno di gioco il Mantova prova ad allenarsi. L'urlo della Maratona sembra travolgerli, ma vengono comunque sostenuti dai loro 2400 tifosi, una goccia biancorossa in un oceano granata. C'è anche Lori che prova a fare una comparsata, ricevendo un saluto tutt'altro che amichevole, ancor meno dopo certe dichiarazioni apparse sulla carta stampata.
Cairo è invece accolto da un'autentica ovazione, degna di un Imperatore.

Alle ore 20.30 lo stadio è strapieno e nel secondo anello della Maratona non entrerebbe più uno spillo. Sono centinaia le bandiere al vento, e le coreografie sulle due curve fanno il loro dovere. Quando le squadre fanno il loro ingresso in campo, il boato del tifo dei 60 mila è tale che non riesco neanche a sentire se viene trasmesso l'inno ska degli Statuto, quello portafortuna.

Il Toro parte bene, ma il primo pericolo lo crea il Mantova: Taibi c'è e risponde in angolo. Quella biancorossa è però solo una fiammata: il Toro ha il possesso di campo, e "morde" l'avversario su ogni palla. Rosina pare in serata di grazia: tocca la palla come si fa' in paradiso, la addomestica e la invita sui piedi di Abbruscato ma il cecchino pare in serata no. Muzzi è un leone che ruggisce su ogni palla che gli capita a tiro, non la molla e se la riprende. Ma non basta: il Mantova ha approntato una diga ben salda, puntando tutto sulla solidità dei centrali Cioffi e Notari, ma poco a poco la pressione da' i suoi frutti: Rosina lancia un pallone invitante per Muzzi, ma Lanzara abbranca il Leone e lo atterra con un goffo abbraccio. Farina fischia rigore e Rosina dal dischetto lo rende il più lento della storia.
Tump, Tump... Ciufff.
Dopo due, tre rimbalzi lenti lenti di tiro preciso e portiere spiazzato da una rincorsa lenta altrettanto, con lo Stadio intero a tenere il respiro per un attimo che pare interminabile, al 35' il Toro dimezza il distacco. La gara si fa' in discesa: le gambe che prima sembravano pesanti tornano a girare a mille, sospinte da uno stadio che ribolle di tifo.

Ripresa: Al pronti-via il Toro prende ad incornare. Il Mantova ripiega e concede metri. Lazetic stantuffa a destra e il Mantova si difende cacciando in angolo. La pressione aumenta, e si comincia ad avverte che qualcosa sta per Accadere: ennesimo corner di Rosina, Muzzi mette il piede su una palla "sporcata" da un colpo di testa. Il boato che ne è conseguito credo sia sembrato una scossa tellurica agli abitanti della zona Continassa. Con il Toro sul 2-0, tutto è di nuovo in pari: se finisse così servirebbero ancora i supplementari, certo, ma virtualmente il Toro è di nuovo in Serie A.
Il Mantova, fiera ferita a morte, reagisce e prova ad impensierire, ma il Toro, un po' in affanno, tiene. Nel finale, a tempo scaduto segna Abbruscato, ma era in fuorigioco e Farina annulla. Poco prima - va scritto - non aveva visto Doudou menare un gancio a Cioffi, in piena area di rigore.
Nella ripresa il Toro sceglie di attaccare ancora sotto la Maratona, e la scelta pare azzeccata. Ancora un calcio d'angolo con Rosina a pennellare un pallone sul quale per prenderlo Nicola, sorretto dalle braccia degli Invicibili, vola in Paradiso: l'incornata è degna di Gabetto. Quando il pallone gonfia la rete è il 4' e sembra fatta, invece nel giro di cinque minuti prima Fantini si fa' espellere per una stupida scorrettezza (una gomitata sul solito Cioffi, evidentemente preso per un pounch-ball), poi Melara regala il terzo rigore in due partite ai virgiliani (11'ts), che accorciano con l'ex Paolino Poggi.
Il Mantova ci crede, il Toro ha meno fiato ma è sorretto dal suo pubblico. Sono 20' gli interminabili minuti di sofferenza, quelli che separavano la Serie A dal Toro, ad essere vissuti dai tifosi sugli spalti in un clima terribile, quello della consapevolezza del nulla che passa dalla gioia alla disperazione più cupa. Come l'ultima azione pericolosa del Mantova, un tiro di Gasparetto finito fuori di un amen.

Epilogo:

Al fischio di Farina la gioia è irrefrenabile: i giocatori fanno un breve giro di campo e poi tutti sotto la Maratona, abbracciati al Toro che viene posto sotto la Curva.
Si aprono i cancelli, e la festa è per tutti: migliaia di persone invadono il terreno di gioco e fanno festa sul campo con i giocatori. Lo speaker ha ben voglia di chiedere di "abbandonare il terreno di gioco": la festa è troppo grande, e la gente fa' di tutto per renderla indimenticabile: c'è chi smonta la rete della porta, chi si porta via qualche zolla di terra. Ma si', è pur vero che lo stadio è dei gobbi, ma in sedici anni loro non l'hanno mai riempito così: solo il Toro in Coppa o in giorni come questi c'è riuscito. Dunque un piccolo ricordo, per uno stadio che va' a morire, nell'anno in cui il Toro abbandona il Delle Alpi per andare nella nuova casa del Comunale, è cimelio degno del muro di Berlino, il frammento simbolo di una priogionia che è diventata libertà, doppia se la Giustizia sportiva decreterà la pena che quelle popolare ha già sentenziato.

Poi via, per le strade, in un carosello festoso, a tenere svegli i gufi gobbi fino a tarda notte: a far garrire al vento le bandiere, a popolare le vie della città con una marcia "caoticamente ordinata" verso la Piazza simbolo di Torino, in una festa di chi finalmente ha la consapevolezza, dopo aver visto le stesse gioie di un anno fa trasformarsi in un'estate da incubo, con una ricostruzione da zero e una squadra rifondata in una settimana, che stavolta il Toro in Serie A c'è tornato per davvero.

Tump, tump... sdeng!

venerdì, giugno 09, 2006

NO COMMENT

Perdere ci sta, affondare no.
Ieri sera il Toro ha indovinato la partita del suicidio perfetto: inesistente in difesa, per larga parte inconsistente in attacco.
Brevi-Melara-Balestri hanno parecchio da farsi perdonare nella gara di ieri sera, e se aggiungiamo Taibi, apparso stralunato, lento e imprecise: in quattro hanno fatto tutto quello che non si doveva fare per dare spazio agli avanti virgiliani.
Il Mantova ha in sostanza passeggiato sul Toro, e fortuna ha voluto che il Toro ha segnato 2 gol, il primo con Longo al 6' minuto.
Anzi - impressione - forse è stato proprio a causa del gol realizzato a freddo, con la violenta reazione dei biancorossi ha piegato le gabe ai nostri: chi può dirlo?
Cairo e DeBiasi hanno da ridire sull'arbitrato di Pieri, sta di fatto che i due rigori contro tutto sommato c